C’è chi sostiene che la spinta ad aiutare il prossimo in difficoltà non sia generata da un reale impulso di altruismo e generosità, ma, al contrario, serva ad appagare il personale ed egoistico bisogno di gratificazione e compiacimento.

Mi è capitato di riflettere su questo apparente paradosso, perché potrebbe oggettivamente nascondere un   fondo di verità inquietante.

Da questa riflessione ne sono uscito adeguatamente tranquillizzato, convinto che esista una sostanziale differenza tra due parole, normalmente ritenute sinonimi: carità e solidarietà.

La carità è quasi sempre un gesto estemporaneo, casuale, magari generato proprio dall’ imbarazzo e senso di colpa che si avverte di fronte ad una situazione di palese disagio, a cui si dà una risposta, certamente rispettabile, ma che non si pone il problema del come e del perché si sia generato e soprattutto della dignità del beneficiario del gesto.

Diverso è il concetto di solidarietà, che presuppone un meditato, consapevole e spesso strutturato atto di condivisione di ciò che si ha, nei confronti di chi si trova, magari casualmente e temporaneamente in difficoltà. Non sempre e non solo con qualcosa di materiale e non necessariamente   posseduto in abbondanza. Indispensabile è l’attenzione alla dignità e, quando possibile, il tatto ed il riserbo. Sarebbe poi auspicabile, in parallelo, impegnarsi anche per rimuovere le cause, spesso sociali, che hanno determinato quella situazione. Un approfondimento su questo tema rischia però di sconfinare in polemiche fuori luogo, generate da diversi, se pur legittimi, convincimenti personali.

Questo è quello che penso e cerco di mettere in pratica. Questo è quanto sto trovando e respirando in ABF. Questo è il motivo che mi spinge ad esserci.