«Non ero in ospedale, quel giorno: il 12 gennaio 2010 festeggiavo l’inizio della mia prima vacanza, dopo due anni consecutivi di lavoro. Ho contato tanti morti, già solo nel tragitto verso l’ospedale, dove mi sono precipitato. Ho lavorato ininterrottamente per moltissime ore, senza fermarmi un istante, quasi in trance, così come i miei colleghi, nel tentativo di rimediare a quella catastrofe, conscio che il mio sforzo era una goccia, rispetto al mare di devastazione e di lutto che si era abbattuto sul mio paese, sulla mia gente».  

Firenze. Incontriamo Marc Edson Augustin, coordinatore medico della Fondazione Saint Luc (struttura haitiana partner di ABF nell’isola caraibica), in occasione della seconda edizione della “Celebrity Fight Night”; la maratona filantropica italo-statunitense sta volgendo al termine: giusto ieri il dottor Augustin ha tenuto un intervento sul palco del Gala presentato da Sharon Stone.

Il terremoto è argomento che, beffardamente, si propone con sgradevole attualità: nella notte infatti la terra ha tremato, a Firenze, per fortuna senza conseguenze… «La scossa mi ha svegliato di soprassalto», spiega il nostro interlocutore, parlando a bassa voce, pesando le parole: «stanotte non ho potuto fare a meno di tornare con angoscia ai tragici momenti del terremoto haitiano. Ho subito telefonato a casa, ho voluto sentire la voce di mia moglie e delle mie figlie, per rassicurarle e rassicurarmi. È ancora una ferita aperta, è qualcosa di cui è difficile parlare, per me come per tutti i miei compatrioti».  

Oggi il dottor Augustin sovrintende un ospedale, alcune cliniche ed un centro di salute femminile. Continua ad esercitare la professione (è specializzato in Medicina interna), anche se il suo ruolo direzionale nell’ambito della fondazione Saint Luc lo impegna anche in ambito organizzativo ed amministrativo. ABF lavora fianco a fianco con lui e con gli altri operatori haitiani di questa benemerita istituzione caraibica, su progetti che hanno come obiettivo l’empowerment delle persone e delle comunità.

«Per me la medicina è sempre stata una passione, fin da ragazzo. Terminate le scuole secondarie ho scelto questa strada, senza pormi tante domande. Ha probabilmente contribuito il fatto che mi piacesse aiutare il prossimo, e soprattutto che non accettavo (e non accetto tutt’oggi) di veder soffrire le persone, senza poter far nulla per loro. Inoltre, pur non avendo parenti nel ramo medico, anche mia sorella, di poco più grande di me, ha fatto la medesima scelta ed oggi è pediatra».

Ma l’educazione ad Haiti oggi è garantita? «Purtroppo no. Basti pensare che il 70% dei suoi abitanti è analfabeta. Studiare, nell’isola, è un privilegio. Solo uno su dieci, tra coloro che terminano la scuola superiore, riesce ad accedere all’università. Devi faticare moltissimo, per emergere, e devi anche essere fortunato, se vuoi riuscire ad entrare in una facoltà come quella di medicina. Ne esiste una sola statale e tre private. Anche la qualità della formazione non è sempre ottimale».

Una volta laureati, dopo anni di sacrifici, la tentazione di andare all’estero è forte… «Il 60% di coloro che sono in possesso di studi universitari lascia l’isola. Haiti è vicina agli Stati Uniti, al Canada, a paesi dove, con un titolo di studio, è possibile avere ben altre prospettive, dove si può pensare di far crescere la propria famiglia garantendole un futuro di benessere. Mentre la situazione economica del mio paese è complessa ed estremamente fragile».

Eppure, il dottor Augustin ha deciso di restare. «Lavorare ad Haiti è sempre e comunque una sfida. Ho tanti amici ed ex compagni di studi che sono andati negli Stati Uniti, dove peraltro ho vissuto io stesso per un periodo, perfezionando le mie competenze mediche… Con mia moglie, anche lei dottoressa, spesso abbiamo discusso se rimanere o meno, soprattutto pensando ai nostri figli. Ma sono molto soddisfatto del mio lavoro per la fondazione Saint Luc… Inoltre, l’enorme sforzo che ci è stato richiesto, dopo il terremoto, è un motivo in più per restare. Ciò non toglie che la situazione economica e politica sia critica, e nei momenti di sconforto confesso che riemerge l’opzione di gettare la spugna e andare all’estero. Ma al momento tengo duro».

Il ruolo nella fondazione Saint Luc impone di rapportarsi con le istituzioni, con la politica? «Cerchiamo di starne lontani, lavoriamo con altre fondazioni, limitiamo allo stretto necessario il rapporto con il potere locale».

Cinque anni fa, il primo incontro tra Augustin ed il carismatico padre passionista Rick Frechette: medico e sacerdote, fondatore e direttore di N.P.H. Haiti e dell’affiliata “Saint Luc”, ha dedicato la sua vita ad assistere tanti bambini nel bisogno e ad adottare le famiglie più emarginate e povere dell’isola… «Padre Rick è fonte di grande ispirazione per tutti noi, ed è anche un collega! Al mio primo giorno nel Family Hospital St. Luc, il direttore medico d’allora mi disse che mi avrebbe presentato il fondatore. Io mi attendevo di incontrare un signore elegante, in giacca e cravatta, mentre a stringermi la mano cordialmente, dandomi il benvenuto, c’era Padre Rick, maglietta ed occhiali da sole, che stava trafficando sopra un camion. Al mio secondo giorno in ospedale, già indossavo il camice e visitavo i pazienti. Voglio bene a Padre Rick e sono felice di essergli vicino, da allora, in questa che, ripeto, è una quotidiana, appassionante sfida».

Dal 2010, cosa è cambiato? «In un certo senso oggi siamo impreparati ad una eventualità sismica, proprio come lo eravamo allora, perché dopo il terremoto abbiamo dovuto ripartire da zero. L’evento catastrofico ha messo in ginocchio la nostra economia, già molto fragile, anche se l’aiuto proveniente dall’esterno ci ha senz’altro aiutato a ripartire. E nei nostri ospedali, grazie alla collaborazione con fondazioni amiche, proprio come la vostra, e grazie al supporto anche a livello di strumenti e competenze, oggi siamo in grado di fornire cure in alcuni casi persino all’avanguardia».

I rapporti con ABF, Marc Edson Augustin li approfondisce a partire dal 2014, grazie ad un programma mirato a fornire di un’assicurazione medica gli allievi delle scuole sovrintese dalla fondazione Saint Luc e dalla Andrea Bocelli Foundation. «Sono contento dei molteplici fronti comuni di lavoro che abbiamo impostato, ed approfitto per esprimere la mia gratitudine ad Andrea Bocelli ed alla sua fondazione. Purtroppo ad Haiti muoiono ancora tante, troppe persone, a causa dell’indigenza, perché magari non riescono ad acquistare medicine che costano l’equivalente di meno di un dollaro… Abitualmente quindi siamo sempre noi, nella necessità di chiedere un supporto economico alle fondazioni estere. Mentre ABF ci ha proposto lei, con discrezione e generosità, un aiuto. Ne siamo felici, cerchiamo di sfruttare al massimo simili opportunità, lavoriamo sodo, ogni giorno, per fare la differenza, per aiutare il nostro popolo e per far comprendere al mondo quanto sia necessario unire le forze, nella volontà di ridare un futuro ad Haiti».

Giorgio De Martino