Gli auguri, inattesi, per voce di centinaia di bimbi. Frotte di occhi, tizzoni, curiosi e vivaci, un’orchestra di voci di festa, sconosciute ed amiche, dell’età della mia nipotina Virginia o poco più grandi.
È stato un regalo di quelli che mai avrei potuto neppure fantasticare, quello ricevuto grazie all’impegno filantropico di Veronica e Andrea, alla caparbia volontà di mia figlia e mio genero, di fare del bene. Un dono che non si può comprare, e che ha reso indimenticabile ciò che prima avrei circoscritto quale mero, anagrafico, traguardo.
In una delle due scuole inaugurate grazie al progetto ABF, sono accanto a Virginia, al momento del taglio del nastro. La bimba, forse disavvezza alle temperature dei Caraibi, mi sussurra che ha fame, che ha sete. Faccio per defilarmi un istante, in cerca della borsa dove certo qualcosa potrà tamponare il reclamo, quando Veronica mi blocca: per trattenermi, è costretta a svelarmi ciò che avrebbe dovuto essere una sorpresa. Infatti, di lì a poco, inizia questo coro, questo meraviglioso concerto di cuccioli d’uomo, che s’alza in immeritato mio onore, per un incontro che casualmente cade nel giorno della mia festa e che diventa motivo di festa e di gioia per tutti.
Nello spazio che la cerimonia ha previsto, dedicato ai loro pensieri, ai loro sogni e a questo primo mattone, al seme piantato per tramutarli in realtà, in molti hanno dichiarato di voler diventare medici, altri, missionari, altri ancora, insegnanti (a testimoniare quanto le figure di riferimento messe loro a disposizione oggi, siano genuine ed efficaci, ed abbiano già inciso nel profondo, nei valori di queste giovani vite).
Sono bambini apparentemente destinatari di un’infanzia negata, ma che nel momento in cui gli si propone uno spiraglio, uno strumento, vedono già quel futuro che spesso, in contesti incommensurabilmente più agiati, latita o è visione sgranata (come se tutto quell’avere, quel disporre di cose, abbia precluso, altrove, la possibilità di sognare).
L’augurio di buon compleanno, da quell’orchestra di piccole voci haitiane, personalmente l’ho preso molto sul serio. Perché ho visto il futuro, nei loro sguardi e nei loro sorrisi. Che sia a casa mia o ad Haiti, futuro è sempre sinonimo di vita, speranza, progettualità, è cibo per l’anima. Posso dire che quell’auspicio inatteso che ho ricevuto ha dato più luce non solo alla mia giornata ma a questa stagione della mia vita. Perché, ripeto, ho visto il futuro negli occhi di quei bambini.